Il cinema sociale europeo: ritratti di marginalità e precarietà
09/12/2025
02/12/2025
Nel cinema d’autore europeo alcuni film adottano un tono profondamente intimo per raccontare i passaggi più delicati della vita, quei momenti di instabilità in cui ci troviamo in bilico tra ciò che siamo stati e ciò che stiamo diventando. Quattro opere recenti — Un’estate, Ti cerco, Have You Seen This Woman? e Sono già morto tre volte… — dialogano tra loro proponendo agli spettatori le loro riflessioni sui concetti di identità, memoria, desiderio e trasformazione, componendo una costellazione emotiva in grado di fare luce sul nostro rapporto con il cambiamento.
Marta torna nella sua città natale e, senza volerlo, riapre una ferita intima che non si era ancora rimarginata: quella di un amore passato che aveva scelto di dimenticare. Facendo perno sul tema del ritorno, il film mette in scena la fragile ricostruzione dei ricordi, ma anche la forza di quella “primavera della vita” che riaffiora quando ci lasciamo travolgere da un passato ancora vivo. La narrazione gioca abilmente tra distanza e vicinanza, generando la sensazione – o meglio l’illusione – di poter tornare adolescenti, anche se solo per qualche settimana. Un’estate vuole dimostrarci che il presente non può esistere senza un confronto intimo con ciò che ci ha plasmati in passato. E in questo senso il film di Diego Llorente costituisce un esempio perfetto di come il cinema d’autore sia capace di esplorare con efficacia i concetti spesso ambigui di identità e memoria.
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Max ed Emma si muovono come schegge impazzite in una Barcellona notturna che sembra riflettere i loro dubbi e i loro desideri inespressi. La loro amicizia, profonda e fragile allo stesso tempo, si trasforma progressivamente fino all’inevitabile momento cruciale: quello in cui le relazioni cambiano e assumono nuove forme. Il film esprime con estrema tenerezza la confusione tipica della giovinezza, in cui si oscilla tra spensieratezza e ricerca dell’assoluto: una delicata fase di transizione che assume una doppia valenza: da una parte è sinonimo di fermento e impeto emotivo, dall’altra rappresenta la paura di perdere ciò che si ama.
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Non bisogna necessariamente essere giovani per porsi delle domande sulla propria identità. Posta di fronte alle sue tante esistenze potenziali, Draginja, una donna di mezz’età, si ritrova in bilico tra una memoria frammentaria e un’identità svuotata di senso. Questa narrazione multipolare illustra con delicatezza l’evoluzione interiore di una donna che, nonostante gli anni, continua a cercare se stessa. La maturità non appare più come una stagione immutabile della vita, ma come una nuova frontiera da esplorare: un’altra primavera, forse più silenziosa, ma non per questo meno intensa.
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Sono già morto tre volte… ci regala un ritratto in stile documentaristico dell’attore francese Jacques Nolot in cui si intrecciano desideri, dubbi e riflessioni sulla vecchiaia e sulla morte. Il film affronta i temi della memoria e del corpo che cambia, tracciando i contorni effimeri di una vita che, pur essendo in declino, continua a rivendicare il sacrosanto diritto di sognare. In questo film, ancor più che nei precedenti, l’intimità diventa uno spazio creativo e un luogo di resistenza.
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Questi quattro film formano una costellazione dotata di un’estrema coerenza: ciascuno di essi esplora una stagione diversa della vita, ma tutti e quattro condividono l’intento cruciale di raccontare la trasformazione. Che sia attraverso il primo amore, un’amicizia che cambia, la ricerca della propria identità o la minuziosa ricostruzione documentaristica di come siamo diventati ciò che siamo, questi ambiziosi lungometraggi dimostrano come la vita sia drammaticamente imprevedibile, a qualunque età. Caratterizzati da un approccio contemplativo e profondamente umano, sono un invito ad accogliere le fasi di transizione della nostra vita e a ricordarci che nelle zone di incertezza esiste una forma di bellezza nascosta che aspetta solo di venire alla luce.
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